martedì 1 novembre 2011

Le baggiane


Le "baggiane" che giocano al "mondo"
Venivano chiamate "baggiane" dai maschietti (un termine un po' dispregiativo, sinonimo di sciocco, vanesio, incapace), in genere tutte le bambine, ma in particolar modo quelle più leziose. Io no, forse perché la competizione quotidiana casalinga con il fratello maggiore (decisamente il preferito in famiglia, ma soprattutto da mia nonna Ebe) e l’imitazione del suo comportamento mi avevano forgiato e, diciamolo pure, ero un po’ un maschiaccio! Ero così accettata che mi avevano affidato (unica femmina) il ruolo di portiere nelle partite di calcio che si svolgevano nella strada dietro casa, dove non passava nessuno, ma proprio nessuno (salvo verso sera, carri trainati dai cavalli della ditta di traslochi Gondrand - ne parlerò più avanti), contro la banda dell’altro isolato. Durante le partite c’era sempre qualcuno che faceva da vedetta ad un capo e all’altro della strada per dare l’allarme in caso di arrivo del “ghisa” (vigile, in dialetto milanese) in bicicletta. E di ghisa ne abbiamo visti tanti, ma uno solo  è stato più veloce di noi, ci ha sorpreso e sequestrato il pallone. Pare fosse vietato giocare col pallone in mezzo alla strada.
Il "Ghisa"
Mio fratello mi ha ricordato alcuni giorni fa quell’episodio che mi ero dimenticata: il vigile, alto, nella sua divisa nera e con il caratteristico casco nero, con una mano teneva la bicicletta e sotto l’altro braccio il pallone che ci aveva sequestrato. Si allontanava e arrivava fino al bar che c’era in Piazza Segrino, proprio di fronte alla nostra casa, e noi lo seguivamo da lontano, cercando di non farci vedere. Il vigile appoggia la bicicletta contro il muro ed entra nel bar. Appoggia il pallone proprio dietro la porta e si avvia verso il bancone per la sua consumazione. In un battibaleno una squadra di “guastatori” si avvicina, chinata dietro la vetrina, prende il pallone e via di corsa tutti insieme ridendo e compiacendoci della nostra bravata! Ma, mi ha raccontato mio fratello, che dietro il bancone del bar c’era un grande specchio ed il vigile aveva seguito tutta la manovra, anzi, aveva appositamente lasciato il pallone vicino all’ingresso!

Era un grande onore per me giocare a calcio e alle biglie o ai tollini con i maschi. Così acquistavo considerazione anche dalle femmine ed ero considerata una leader, una che ci sapeva fare e che prendeva le decisioni sui giochi da fare. Non disdegnavo però di giocare con le bambole: c’arano alcune bambine che ne avevano di bellissime e avevano i pentolini, i piatti, le posate e tutto quello che serviva per giocare alla mamma e al papà. Inutile dirlo: io ero sempre il papà! Ma dove giocavamo noi bambine? Quasi mai  in casa: i nostri genitori mal avrebbero accettato che si buttassero all’aria le nostre case. Nessuno di noi aveva una cameretta tutta sua e non si poteva giocare nel soggiorno che era riservato alla famiglia o come stanza di rappresentanza. E allora portavamo fuori casa ciascuna di noi le proprie carabattole e giocavamo sui gradini delle scale. Sì, tra un pianerottolo e l’altro, o tra l’ultimo piano e la terrazza per non farci mandar via dalla portinaia. Costruivamo sui gradini delle scale, con i pochi giochi che ciascuno portava, dei meravigliosi appartamenti  o negozi con merci varie (scatole vuote recuperate in casa). E soprattutto portavamo alcune delle nostre bambole e si giocava a "mamma e papà", cioè nell'imitare tutto quello che fanno gli adulti. La nostra fantasia creava fatastiche case, plazzi, cucine, camere da letto, negozi. Non c'era limite alla fantasia. Ma questi sono giochi che anche voi avete fatto, ma a casa vostra, con le vostre amichette, nella vostra cameretta, con cucine in miniatura e tutte le stoviglie e le finte vettovaglie necessarie. Ricordo che una volta, alcuni anni fa, sono entrata in un negozio di giocattoli in centro a Milano e mi guardavo in giro incantata pensando a come sarebbe stata diversa la nostra infanzia se avessimo potuto avere tutti quei giochi! Ne sono uscita con quello che avrei desiderato di più nella mia infanzia: un sacchetto pieno di finti alimenti in miniatura, dalle scatolette del tonno, a quelle di pomodori, dal cartone del latte al pane finto e, persino la pizza. E' stato uno dei tanti regali che vi ho fatto. 

Nessun commento:

Posta un commento