venerdì 26 agosto 2011

Quando si faceva il bucato con la lisciva

E' curioso come, da quando scrivo questo Blog, la mia mente torni sempre indietro, ogni cosa io veda e ogni cosa io senta. Mi sono sempre domandata cosa direbbe mio padre se improvvisamente potesse resuscitare oggi, dopo 40 anni circa dalla sua morte. Come desidererei parlare con lui, persona così colta, impegnata e attenta, capire insieme i cambiamenti, gli stravolgimenti di una società che lui sognava più giusta e più equa con i suoi cittadini. Ho parlato poco con mio padre da adulta e di questo ne ho un grande rimorso, ma nessuno poteva immaginare la sua prematura morte per un incidente stradale. Ho parlato molto di più da bambina e lui tante cose ci ha raccontato ed è per questo che vi narro i miei ricordi di bambina.
Il mastelo di legno: il mio era più piccolo
Proprio ieri mi sono fermata in macchina ad un semaforo e, posteggiato a lato, c'era un furgone Ducato con scritto a grosse lettere: Lavanderia, e poi tutti i riferimenti. Stavano consegnando ad un ristorante le tovaglie pulite. Ma come si faceva una volta? Ebbene, anche allora c'era un furgone telonato che passava a giorni stabiliti per le vie e le piazze e le massaie scendevano in starada e portavano all'autista la biancheria sporca chiusa dentro alle federe dei cuscini. Lui ci metteva un cartellino con il nome e poi ci riconsegnava la biancheria pulita e stirata in pacchi avvolti da carta da pacco, con il nostro nome sopra, sempre sul marciapiede, chiamando le massaie dalle strade: "Il lavandaio, donne! è arrivato il lavandaio!". Ma allora era molto costoso affidarsi ad una lavanderia e la si utilizzava solo per le lenzuola, difficili da lavare in casa. Tutto il resto si lavava in casa, nella vasca da bagno con il mstello di legno  con il sapone di marsiglia. A proposito, il sapone di marsiglia - dei veri mattoncini duri e spigolosi - serviva anche per lavarci quando facevamo il bagno e ci veniva sfregato addosso con  vigore, facendoci un gran male sulle nostre povere ossa! A me piaceva molto la giornata del bucato ed io volevo sempre intervenire, tanto che un anno, Babbo Natale mi portò un piccolo mastellino di legno con la sua asse. Che felicità! Così anch'io potevo fare il bucato. E la Libera (la domestica che da anni veniva a casa nostra per aiutare in casa) mi dava da lavare i fazzoletti. Sì, per voi potrebbe sembrare strano ora, ma i fazzoletti di carta sono una cosa relativamente recente, prima i fazzoletti erano di stoffa (per le donne anche con pizzi e ricami) e quando erano sporchi si mettevano a lavare.
La nostra prima lavatrice era così
La mia mamma è sempre stata una donna  moderna e quando è uscita la prima lavatrice elettrica, quella era nostra. Era ingombrante, occupava mezzo bagno, ma era certo più comoda che lavare a mano. Anche le lenzuola si potevano lavare a macchina. Ma il suo funzionamento era molto rudimentale: era una grande vasca rotonda con alla base delle alette che ruoravano alternativamente in senso orario ed in senso antiorario, muovendo acqua e biancheria insieme. Andava riempita dal rubinetto con un tubo o con l'acqua calda per il lavaggio o con quella fredda per il risciacquo. Per svuotarla c'era un tubo in basso che si posava dentro alla vasca da bagno. Nel frattempo, per lavare meglio avevano inventato il sapone in scaglie (le mattonelle di sapone di Marsiglia tagliate a piccole scaglie in modo da potersi sciogliere nell'acqua calda prima di immergervi la biancheria). Si lasciava la biancheria con l'acqua saponata a rigirare per una mezz'oretta e poi occorreva togliere la biancheria e cambiare l'acqua per i risciacqui. Tutto questo per almeno 4/5 volte. Poi per strizzare la biancheria c'era un mangano di gomma: due rulli che giravano con una manovella a mano (che fatica!) e atraverso quei rulli ci facevamo passare la biancheria bagnata che così veniva strizzata.
Un giorno sono passata a piedi davanti alla lavanderia dove mandavamo a lavare le nostre lenzuole. Era un grande capannone in Via Porro Lambertenghi, dove ora hanno costruito - credo - una chiesa evangelica. La porta era aperta. Un odore di sapone e il sapore aspro della lisciva che ti prendeva la gola (la lisciva era un detergente, sgrassante e sbiancante naturale ottenuto lavorando la cenere con l'acqua e si usava anche in casa per i piatti e per lavare il pavimento) si sentiva già dal marciapiede e un'aria calda e umida usciva da quel portone. Mi sono avvicinata e, mi è sembrato di essere in un girone dell'Inferno di Dante (mio padre ci legeva sempre alla domenica mattina qualche passo della Divina Commedia e ce la raccontava con fantasiosi dettagli). In quell'immeso capannone c'erano delle lunghe file orizzontali di lavatoi di pietra con i rubinetti che si elevavano con i loro tubi sopra la vasche. Da quei lavatoi salivano intense nuvole di vapore bianco (probabilmente era inverno) e ad ogni lavatoio c'erano piegate delle donne, delle quali vedevo solo il sedere e parte della schiena. Quando qualcuna di loro si alzava per raddrizzare la schiena, curvandosi all'indietro, con le mani sulle reni, vedevo il loro viso, rosso e bagnato dai vapori, che esprimeva grande sofferenza. Vestivano grandi grembiuloni e i capelli erano raccolti dentro grandi fazzoletti di cotone. Saranno state un centinaio, piegate da quel pesante lavoro, in un ambiente pieno di umidità, tanto che a malapena si intravvedeva tra la nebbia che saliva dai lavatoi, la fine del capannone, dove c'erano tante corde che reggevano le bianche lenzuola ad asciugare (ma come con quell'umidità?)..
Sempre poi mia madre - così moderna - ha continuato ad acquistare la prima lavastoviglie come le lavatrici più moderne. Solo la televisione non l'abbiamo acquistata subito: costava troppo e mio padre non la considerava una cosa utile, anzi riteneva fosse futile e diseducativa per noi ragazzi. Ma di questo ve ne parlerò un'altro giorno.

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