domenica 6 novembre 2011

Le bambole

Una "ricca" bambola con capelli veri
Le nostre bambole erano soprattutto bambolotti di pezza con solo il viso, le mani, gli avambracci e i piedi, con le gambe dal ginocchio in giù, di ceramica. Io poi ne avevo alcune che consideravo belle e che le mie amiche mi invidiavano: avevo quelle grandissime bambole con abiti da damina riccamente decorati di pizzi e merletti, con capelli inanellati e cappellini a falde larghe, che vincevo alle lotterie di campagna o ai festival dell’Unità (quando non vincevo tacchini vivi, ma questa è un’altra storia). In effetti mio padre ci portava alle fiere, che spesso si sistemavano anche sottocasa nostra, a Milano, in Piazza Segrino e nelle vie limitrofe e, molto spesso, ai vari festival dell’Unità. Sempre mi comperava i biglietti della ruota e io ero molto fortunata, così la mia casa, adagio adagio si affollava di queste bambole.
Quando rimanevo sola a giocare a casa (forse per qualche punizione – solo quello mi poteva trattenere) mi piaceva giocare alla scuola: io facevo la maestra, mettevo tutte le mie bambole sedute per terra, le più piccole davanti e le più grandi dietro, e utilizzavo un tavolinetto della sala da pranzo come cattedra e una bellissima lavagnetta vera con i gessi per insegnare! Sempre lo stesso tavolinetto diventava in altre occasioni il bancone del mio negozio e la cassa era la scacchiera della dama con il cassettino dove si mettevano i soldi (fatti con pezzetti di carta disegnati e, per moneta, le pedine della dama) e sopra alla scacchiera mettevo un piccolo pianoforte verticale in legno che serviva (pigiando su un tasto del pianoforte) per suonare il campanello dell’apertura del cassetto! Mi sembrava davvero come una vera cassa di un negozio.
Le vecchie casse dei negozi
Come mi piaceva quel gioco. A volte lo facevo tutto da sola, alternandomi  a fare la cassiera e la cliente. Solo raramente potevo giocare con qualche mia amica che, eccezionalmente, mia nonna faceva entrare in casa. Le merci del negozio erano scatolette, panini, sacchetti di pasta o fagioli, rubati in cucina.
Invidiavo molto una mia amica, che abitava sul nostro pianerottolo, che aveva un bambolotto con tre espressioni del viso, due delle quali rimanevano sempre nascoste sotto una cuffietta ricamata. Bastava girare una rotellina sopra la testa per avere un bambolotto con l'espressione ridente, oppure piangente o con gli occhi chiusi in un tranquillo sonno. Alcune delle mie bambole (quelle più grandi che già erano di plastica - molto rigida) le vestivo con i miei vestitini o coprifasce da lattante che mia nonna aveva conservato. Mia nonna mi faceva anche i golfini per le bambole e mia mamma mi faceva i vestitini. Erano bellissimi: il più delle volte fatti con i ritagli dei miei vestiti e confezionati con la stessa foggia. A sei o sette anni ho ricevuto, come regalo di natale, una meravigliosa macchina da cucire Necchi in miniatura. Era come quelle vere, con la base di legno e la macchina in metallo. Cuciva girando la manovella, come la macchina vera della mamma. E da allora, prima con l'aiuto della mamma e poi da sola, ho confezionato moltissimi vestiti per le mie bambole. Era uno dei miei passatempi preferiti quando ero a casa da sola. E così ho imparato a cucire a macchina e ancora oggi me la cavo egregiamente.
Proprio sotto casa mia c'è stato per un lungo periodo di tempo un negozio-laboratorio dove aggiustavano le bambole e dove le pettinavano (quelle con i capelli veri). In primavera ed in estate lasciavano aperta la porta del negozio per far entrare l'aria ed io passavo ore a rimirare tutte quelle bambole rotte, senza gambe, senza testa, spettinate, che rinascevano tra le esperte mani delle operaie. C'erano ceste di gambe, di braccia, di teste di tutte le misure, C'era la sarta che aggiustava i vestiti e c'erano anche mucchi di vestitini su degli scaffali e teste, che a dir la verità mi facevano un po' impressione, così, staccate dai corpi. Quello che più mi piaceva e che cercavo di imitare poi con le mie bambole era pettinarle. Ne avevo un paio con i capelli veri: un vero lusso! Facevo loro riccioli, boccoli, treccine e tutto quello che non potevo fare con i miei capelli, sempre e comunque corti!

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