lunedì 10 ottobre 2011

Il cortile vietato

Abitavamo in questa bella casa In Piazzale Segrino che aveva un bel cortile, ampio, con un giardinetto interno e che confinava con il cortile del palazzo vicino, dal quale era diviso da un cancello spesso aperto. Ma quel cortile ci era vietato. Ricordo le manovre da veri guastatori per entrare nel cortile. Non c'è nulla di più attraente di qualcosa che è vietato. Qualcuno della banda doveva fare mosse diversive, distrarre il portinaio o fare il palo per darci il via. Poi, quatti quatti si passava uno alla volta sotto la guardiola. Il portone del cortile doveva essere aperto dal primo di noi (aveva un catenaccio pesante e cigolava sui cardini) e lasciato aperto quei pochi centimetri per farci passare uno alla volta. Entrati nel cortile dovevamo guardarci dalle finestre dell’abitazione del portinaio e camminando piegati in due e strisciando contro i muri, cercavamo degli angoli per giocare fuori dalla vista delle sue finestre. Molte volte trovavamo le porte delle cantine aperte e allora iniziava una vera avventura. Il primo piano sotto terra aveva l’illuminazione elettrica e c’erano i locali per raccogliere l’immondizia che scendeva da caditoie che si aprivano su ogni semi-pianerottolo (ricordo ancora quell’odore acre e putrefacente dell’immondizia!) C’erano alcune cantine e poi la scala scendeva al secondo piano sotto terra dove non c'era l'impianto elettrico. Per scendere lì, anche noi avevamo la cantina a quel piano, occorreva una candela e i fiammiferi per accenderla.  Naturalmente sempre nelle nostre tasche si potevano trovare moccoli di candela e fiammiferi sciolti! Lì sotto c’erano i rifugi antiaerei della guerra. Ricordo che solo una volta sono riuscita ad entrare attraverso  quella porta pesante di ferro che si apriva con un volante a raggiera, come fosse una cassaforte. Ma il locale, vuoto e ampio, buio, tanto da non vederne la fine, mi fece paura e scappai all’aria aperta. Finivano sempre così le mie incursioni in cantina: ci scendevo, insieme agli altri, con circospezione e curiosità, ma poi qualche rumore (probabilmente ratti) o qualche scherzo dei ragazzi più grandi e più spavaldi ci facevano correre alle scale e le salivamo col cuore in gola, pieni di paura.  Quante volte, all’uscita trovavamo il portinaio con la scopa in mano e, se non eravamo abbastanza svelti a correre fuori, qualche scopata ci scappava sempre.
Giocavamo sepesso anche sulle scale, a Monopoli, a carte, o, noi bambine con le bambole o a fare il negozio. Andavamo nella rampa di scale e al pianerottolo che portava alla terrazza, stando attenti, ad ogni rumore di ascensore o di qualcuno che usciva o entrava in casa a fare silenzio. Altrimenti il portinaio ci avrebbe scacciati con l'inseparabile scopa. Anche la terrazza, sempre chiusa a chiave era un'attrazione per noi ragazzi. Così avevamo trovato un'altro sistema per raggiungerla. Ora che lo racconto mi si rizzano i capelli al pensiero dei rischi che abbiamo corso. Anche tra il 7° ed ultimo piano e la terrazza c'era il balconcino a metà scala per buttare l'immondizia. Sul balconcino a circa un metro e mezzo di altezza prospettava il cornicione della terrazza largo circa un metro. Facendo scaletta salivamo sul cornicione e scavalcavamo il parapetto della terrazza. Il tutto senza alcuna protezione a più di 30 metri di altezza! Ci affascinava vedere la città da quella altezza, la Madonnina lontana, la mole della Stazione Centrale, la Torre Velasca, il primo grattacielo di Milano e, nelle belle giornate le montagne che sembravano così vicine. Devo dire che in qualche modo devo aver percepito il pericolo perchè qualche volta, anche recentemente, ho avuto degli incubi in cui ho sognato cadute da quel cornicione. Mi ricordo però che una volta ci sono salita con il mio papà, ovviamente con l'autorizzazione del portinaio, per vedere di prima mattina una eclissi totale di sole. Mio padre aveva scelto scrupolosamente alcuni negativi di fotografie abbastanza scuri che, sovrapposti, creavano un'ottimo oscurante per guardare il sole senza danni agli occhi. E' stata un'emozione incredibile. ricordo che facevo forse la seconda o la terza elementare e, per l'occasione, le scuole hanno aperto due ore dopo per permettere ai ragazzi di assistere a quello spettacolo. Mio padre, da splendido educatore qual era ci spiegava il fenomeno e ricordo che siamo rimasti su quella terrazza fino alla fine dell'eclissi. Ricordo anche che mia madre andava su quella terrazza (il portinaio le aveva dato una chiave) per fare i bagni di sole alla schiena. Povera mamma, soffriva di forti dolori alla schiena e la curavano per artrite, ma poi, già anziana, si scoprì che aveva una rarissima malattia metabolica e che tutte le sabbiature, i fanghi e i bagni di sole (con le sofferenze che questi comportavano) non servivano a nulla!

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