Qust'anno qui a Cinisello Balsamo non hanno fatto la Festa dell'Unità. Non so perchè. Non so se è per il referendum, per evitare gli eventuali attriti interni tra i sostenitori del SI e del No o per altri motivi. Mi è mancato il solito appuntamento autunnale con la festa. Sono sempre andata, fin da bambina ai festival dell'Unità. Allora abitavo a Milano e il festival, anche se era quello cittadino, sembrava poco più che una festa paesana. Me ne ricordo una in particolare: avrò avuto non più di 5/6 anni. C'ero andata con mio padre e mio fratello. Era al Parco Lambro, credo, e si dovrva fare un lungo viaggio con la filovia. C'erano tante bancarelle, ma quelle che mi attiravano di più erano quelle della pesca e della "ruota". C'è ancora ora, si tratta appunto di una ruota, messa in verticale, con novanta numeri, suddivisi da tanti chidi, che ruotando, spinta da un ragazzo, gira fino a fermarsi ad un segnalino posto in alto su un numero. Si comperavano i numeri e, quando tutti e 90 erano venduti, si faceva girare la ruota. Di solito i premi erano 3 e il costo dei biglietti veniva rapportato ai premi.
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Le bambole premio |
Io ero sempre molto fortunata a questi giochi di strada e di fiere e la mia casa era piena di quella bambole-damine che venivano date come premio. Mio padre ci dava volentieri i soldi per comperare i biglietti delle lotterie e seguiva con bonario incitamento le nostre sorti. Mi ricordo che quella volta in particolare, c'era alla ruota, come secondo premio una bellissima bambola di celluloide con un lussuosissimo vestito da damina in una grande scatola. Io la guardavo e, mentre la ruota girava io già sognavo di arricchire la mia collezione di bambole. E' il il giro del terzo premio e io seguo distratta, mi interessa il secondo. Ora è il turno del secondo premio: ma la bambola va via, viaggia sopra la mia testa, di mano in mano e finisce in mano ad un grasso signore con la faccia soddisfatta e sorridente. Io lo guardo e mi domando se ha una bambina cui regalarla.
Sono sconsolata, la ruora, gira ancora e mi guardo intorno, quanto sento mio fratello fare un grido: abbiamo vinto il primo premio! Sono incredula, magari c'è ancora un'altra bambola. Ci avviciniamo al banco e vediamo il signore e tutti intorno che ridono divertiti. Io ho il cuore che batte a mille e proprio allora mi accorgo che in basso, dietro il banco, ci sono delle gabbie di legno e il signore si avvicine e ne estrae un tacchino. Un tacchino vivo! Quello era il primo premio. Dopo la prima incredulità ci ci guardiamo, io e mio fratello, ci sorridiamo, mezze frasi, mio padre che dice che no, cosa ce ne facciamo di un tacchino? E io e mio fratello che nvece iniziamo a pregustare il divertimento, il piacere di avere un animale, ci scambiamo sguardi complici, prendiamo il tacchino come ci insegna il signore (ha le zampe legate) e ce ne andiamo. Avevo sempre desiderato avere un animale ed un tacchino è meglio che niente. E' ormai sera e quindi dobbiamo tornare a casa. Ed ecco il primo problema. Come fare a portarlo in filovia dove sono vietati gli animali? Quando saliamo fortunatamente c'è molta gente e così è più facile nascondersi tra le persone. Il tacchino ce l'ho io. Per fortuna è giovane, non troppo grosso e riesco a nasconderlo sotto il golfino, con la testa stretta sotto l'ascella. Quando c'è da passare davanto al bigliettaio mio fratello lo distrae acquistando lui i biglietti e io mi intrufolo in avanti. Rimaniamo in piedi schiacciati in basso tra le persone. Lo sento fremere contro il mio petto e le sue zampette si agitano e faccio fatica a trattenerlo. Ogni tanto riesce a divincolarsi, scrolla la testa e, prima che io riesca a prendergliela e rimetterla sotto il golfino riesca a fare qualche "glù-glù-glù". Vedo gli adulti intorno a me che si agitano e si guardano intorno, ma riusciamo finalmente ad arrivare alla nostra fermata senza essere scoperti. A casa mia madre che non è nuova a queste bizzarrie di mio padre, accetta la novità divertita.
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Una moderna ruota della fortuna |
Non ricordo come accettò la cosa mia nonna, ma tutta la casa si mobilitò per il bene di quella bestiola. Rimase in casa per più di un mese. Stava in bagno su di un bastone di scopa messo sulla vasca da bagno. Il cibo lo preparava mia nonna e io lo portavo a spasso tutti i pomeriggi dopo la scuola. Altra avventura. Si doveva passare inosservati davanti al portinaio. Non doveva accorgersi del tacchino perchè in quella casa era vietato tenere animali. E così lo nascondevo sempre sotto il golfino e passavo di corsa davanti alla guardiola, curando il momento più opportuno. Ma il tacchino diventava sempre più grosso ed era sempre più difficile nasconderlo. Era diventato il mio compagno di giochi, mi riconosceva e riuscivo a prenderlo in braccio facilmente. Lo portavo dall'altra parte della piazza dove c'era un terreno con molti orti. Gli legavo una lunga corda ad una zampa e lo lasciavo becchettare in giro. Mi ricordo che c'erano i vecchietti degli orti che si divertivano a vedermi pascolare il tacchino e mi chiedevano come mai io tenessi un tacchino in città. Però anche in casa c'erano problemi. Quando si doveva andare in bagno la notte la povera bestiola si spaventava e starnazzava svagliando tutti. Allora siamo arrivati ad un compromesso: un "pitale" (vaso da notte) furi dalla porta per tutti che si svuotava al mattino, così tutti, compreso il tacchino, potevamo dormire tranquilli. Dopo più di un mese mio padre ci disse che il tacchino non poteva continuare a vivere così, che aveva bisogno dei suoi simili, e che aveva trovato una bella fattoria dove c'erano altri bei tacchini come lui e che lì sarebbe stato felice. E così un giorno tornai da scuola e il tacchino non c'era più. Gli avevo dato anche un nome, ma non lo ricordo. Da allora non ho più mangiato tacchino.
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