Avrò avuto 6 anni e mio fratello un anno e mezzo più di me, quando una primavera (durante le feste pasquali) siamo andati tutti e 4 con la Lambretta a Carenno. Si doveva trattare con il proprietario della casa l'affitto per le vacanze estive. Facendo al pomeriggio 4 passi fuori paese, ci imbattiamo in un gregge di pecore con tante pecorelle nate da poco. Mio padre ha al volo un'idea: si mette d'accordo con il pastore che noi avremmo comperato una pecorella, ma che l'avrebbe fatta crescere vicino alla mamma fino a giugno, quando saremmo saliti per le vacanze estive. Ce lo ha fatto scegliere e poi lo ha pesato con la stadera, legato per le zampette. Pattuito il prezzo siamo tornati a Milano. Non passava giorno che non sognassi le imminenti vacanze con la pecorina e la sera a cena si discuteva per il nome da dargli. Alla fine venne scelto il nome Gim, dall'unione dei nomi mio e di mio fratello.
Arrivarono finalmente le vacanze e andammo a prendere la pacorina (un maschio) che nel frattempo era cresciuta. Con una corda la portammo a casa e le apprestammo per la notte il sottoscala esterno con un poco di paglia per terra. Ma naturalmente Gim lo tenevamo tutto il giorno con noi, sia in casa che fuori. Ben presto si affezionò a noi e non fu più necessario usare la corda come guinzaglio per portarlo fuori. Mia nonna lo spazzolava tutti i giorni e la sua lana candida si gonfiava come un batuffolo. Ogni tanto io gli mettevo un fiocco rosso al collo e quando andavamo a spasso per il paese lui ci precedeva tutto impettito. E poi voleva fare tutto quello che facevamo io e mio fratello: c'era una costruzione in un campo alta un paio di metri e sia io che mio fratello ci salivamo per saltare giù, naturalmente con l'aiuto di mio padre. Ma anche Gim saliva e non voleva scendere fino a che mio padre non lo prendeva per le zampe e lo faceva saltare. Se salivamo sui muretti a secco che costeggiavano i sentieri di montagna, ci saliva pure lui, per poi, giorni dopo, cambiare gioco: ci saliva prima lui e saltava avanti e indietro, a zampe unite, sul muretto per non farci salire! Mio padre lo portava tutte le mattine su in montagna e lo legava ad un albero per fargli brucare l'erba. Ma non c'era verso, piangeva tutto il tempo e quindi presto non lo portò più. Voleva mangiare con noi. Aveva la sua ciotola e voleva le stesse cose nostre. Gli spaghetti sconditi con un poco di olio non li mangiava:ci voleva sopra il ragù. Voleva anche il vino ed il caffè e tormentava mio padre con i suoi zoccoletti fino a che mio padre cedeva e gli versava qualche goccia sul palmo che leccava con piacere. Era meglio di un cane e intelligentissimo: giocava a nascondino mettendo il musetto in grmbo a mia madre e poi quando era ora mia madre gli diceva:"forza Gim, cerca Gemma e Giorgio!". Allora era tutto un correre tra cespugli e rocce fino a che non ci trovava e poi che feste!
Quando non c'era la mamma e nemmeno la nonna, lo facevamo mangiare a tavola con noi. Su una sedia, con un bavaglino al collo e con un piatto per lui. Era molto attento e mangiava tutto quallo che mangiavamo noi, anche la carne (fatta a pezzetti come per i bambini piccoli). Ricordo che una volta mio padre (eravamo ancora noi soli), mi mandò all'osteria del paese per prendere il marsala per fare le scaloppine. Con la mia bottiglia in mano vado all'osteria e ordino il marsala. Ma l'oste mi dice che ci sono due tipi di marsala, ce n'è anche uno più buono. Naturalmente io scelsi quello più buono! Mio padre cucinò le scaloppine con il marsala e non si accorse che era quello dolce. Finì che le scaloppine se le mangiò quasi tutte Gim!
Un giorno quando mio padre salì in montagna al solito albero dove legava la pecorella, non la trovò più. Eravamo disperati ed increduli che fosse scappata. Da quell'albero si vedeva la nostra casa, l'ultima vicino al bosco, e quando lo andava a prendere mio padre, lui correva da solo fino a casa. Dunque conosceva la strada. Ci recammo in paese, chiedendo in giro se avessero visto la nostra pecorina, che tutti ormai conoscevano. Subito qualcuno, con fare da carbonaro, ci disse che l'aveva opresa il parroco. Ci recammo subito in canonica e senza bussare ci precipitammo dentro. Trovammo il parroco seduto a tavola, con un intero pollo arrosto sul piatto, in parte già mangiato. In un angolo era legata la nostra pecorella che appena ci vide iniziò a tirare la corda. Ricordo il violento alterco tra mio padre (considerato un mangiapreti perchè non andava mai in chiesa) e quell'obeso parroco con la bocca tutta unta di pollo! Alla fine ce ne siamo tornati a casa tutti quanti felici. Andavamo spesso verso settembre in un prato deve c'erano dei cigliegi selvatici. Noi raccoglievamo da terra le cigliegine e le mangiavamo. Anche Gim le mangiava: se le faceva rigirare in bocca e poi faceva cadere il nocciolo da un angolo della bocca. E' stato il compagno ideale per una stupenda vacanza, ma quanta tristezza poi riportarlo al pastore! Ripensandoci da adulta, forse non è stata una scelta eticamente valida, ma una volta non c'erano i principi di salvaguardia e di rispetto per gli animali che ci sono ora.
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